Storie

Entrare dove l’Italia ha trovato la sua voce

Un problema inaspettato si presenta a Torino dopo la concessione dello Statuto albertino da parte di Carlo Alberto il 4 marzo 1848. La monarchia assoluta è archiviata e il potere legislativo è ora esercitato congiuntamente dal sovrano, dal Senato (di nomina regia) e dalla Camera dei Deputati eletti. Si pone dunque il dilemma di dove collocare le due aule parlamentari. Per il Senato è scelto Palazzo Madama e per la Camera: Palazzo Carignano.

La Scommessa di 50 Giorni

Palazzo Carignano, capolavoro seicentesco progettato da Guarino Guarini e residenza storica dei principi di Carignano è la sede prescelta per la Camera dei Deputati. Il salone delle feste — un ambiente di forma ovale originariamente destinato a feste e cerimonie — deve essere trasformato in un’aula parlamentare in tempi strettissimi e “con la minor spesa possibile”.

L’incarico di questa impresa è affidato all’architetto Carlo Sada. In soli cinquanta giorni, Sada realizza l’allestimento: il salone ovale viene convertito in un emiciclo ad anfiteatro con i seggi dei deputati disposti a semicerchio e rivestiti di scranni rossi.

Il 9 maggio 1848, i 204 deputati eletti (dopo le prime votazioni politiche del Regno di Sardegna tenutesi il 27 aprile 1848) fanno il loro solenne ingresso. Nonostante l’entusiasmo, la vita parlamentare si rivela subito “complessa sul piano delle procedure che non avevano precedenti”. Si narra, addirittura, che in assenza di un’urna per le prime votazioni venisse utilizzato un cappello per raccogliere le schede.

In questa sala si è costruita una parte “importantissima della storia dell’unificazione italiana”.

Il Giardino dell’Unificazione

L’aula di Palazzo Carignano diviene culla della moderna dialettica politica: i democratici si posizionano a sinistra e i liberali a destra. Qui sono eletti uomini come l’abate Vincenzo Gioberti come primo presidente della Camera e siedono figure di spicco come Cavour e Cesare Balbo, Massimo d’Azeglio, Alessandro Antonelli, lo stesso Giuseppe Garibaldi.

Per dodici anni, tra l’8 maggio 1848 e il 28 dicembre 1860, il Parlamento Subalpino approva leggi cruciali per lo sviluppo e la storia del Paese: dalle leggi Siccardi del 1850, all’avvio dei lavori per il traforo del Frejus nel 1857, fino alle discussioni sulla cessione di territori come Nizza e la Savoia nel 1860.

L’Ora e l’Addio a Torino

Con le annessioni territoriali avvenute tra il 1859 e il 1860, il numero dei deputati continua a crescere: dai 204 posti iniziali si passa a 308. Ma con l’ulteriore avanzamento dell’unificazione al Centro e al Sud, l’aula subalpina diviene “troppo piccola per ospitarli”.

L’ultima seduta della Camera subalpina si tiene il 28 dicembre 1860 e si conclude alle 14.30. Le lancette dell’orologio sulla parete sono ferme a quell’ora, a testimoniare la fine della VII legislatura e l’addio definitivo dei deputati dall’emiciclo.

L’aula, che ha visti e vissuto la nascita della democrazia italiana, viene chiusa ma non smantellata. Subito le è attribuito il carattere di “monumento della nazione”, ratificato ufficialmente nel 1898. Con gli arredi originali, i quadri, l’affresco di Gonin sul soffitto e l’orologio fermo, oggi è visibile dalla balconata della Sala 15 e accessibile dall’interno soltanto in occasioni speciali, come il 17 marzo, Giornata dell’Unità Nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera.

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